Le storie di zio Totò Pernice: IL FALSO AVVISO DI PAGAMENTO

Il Circolo Operai San Giuseppe per potere esistere doveva sostenere delle spese: l’affitto dei locali, lo stipendio dell’usciere-puliziere e tutte le altre spese quali luce e arredamento. Pertanto i soci dovevano pagare una quota mensile. Lo Statuto del Circolo prevedeva che i soci con una età superiore agli ottanta anni fossero esentati. Uno di questi  era zio Totò Pernice. Nel passato, proprio zio Totò Pernice aveva fatto una battaglia per ottenere la modifica allo statuto  perché sapeva che gli anziani pensionati facevano fatica a pagare, visto che la pensione degli artigiani era molto bassa. Aveva certamente ragione ed era contento così, anzi si vantava di aver vinto la sua battaglia in favore di tutti i soci più anziani.

Zio Totò frequentava il Circolo da sempre e passava più tempo lì che a casa sua. Al Circolo si trovavano gli amici, si discuteva, si giocava a carte e si facevano anche quattro risate, soprattutto con il suo amico Vincenzo che a volte era pesante con i suoi scherzi ma era simpatico e generoso e poi era il figlio di un suo grande amico.

Zio Totò non  poteva certo immaginare quello che l’aspettava. Vincenzo, infatti, assieme ad un altro suo amico stava preparando uno scherzo diabolico. Aveva fatto scrivere, a macchina, una lettera da recapitare al suo amico, a nome del Presidente del Circolo. Pregò l’usciere  di consegnare la lettera a zio Totò. Lo fece un pomeriggio mentre Vincenzo e qualche altra persona erano seduti sul divano in attesa di vedere la reazione dello stesso quando avrebbe letto la lettera.

Zio Totò quel pomeriggio entrò al Circolo già incazzato. Era elegante, cappello, occhiali neri, vestito scuro. “Na m rat cucc – esordì – ch m’ai bvut du litra r vin”. (STATE ATTENTI CHE HO BEVUTO DUE LITRI DI VINO). Questo era stato l’avviso di zio Totò.

Infatti nessuno si permise di scherzare come al solito. Quando l’usciere gli consegnò la lettera, il Pernice la mise in tasca senza aprirla. Passò qualche minuto e si mise dietro la vetrata dove c’era più luce, tirò fuori la busta, guardò in giro per vedere se qualcuno lo osservava. Ma quelli che sapevano facevano finta di niente e guardavano da un’altra parte. Aprì la busta, tirò fuori la lettera e si mise a leggere. “Caro socio, La informiamo che a seguito dell’aumento del costo della vita sono aumentate tutte le spese da sostenere per il Circolo. Abbiamo dovuto aumentare lo stipendio all’usciere. Anche il costo delle carte da gioco è aumentato. Per questo non è più possibile esentare i soci anziani dal pagamento della quota sociale mensile. La S.V. è pregata di incominciare a pagare dal mese in corso, con due anni di arretrati.”

Zio Totò si girò di scatto per vedere se qualcuno lo osservava. Ma visto che nessuno si interessava a lui fece una palla di carta con la lettera, la infilò in tasca, si tolse il cappello e si grattò la testa. Quello che c’era scritto nella lettera aveva dell’incredibile. Aprì la porta e uscì fuori, mise la mano in tasca tirò fuori quella che era stata una lettera e incominciò a risistemare il foglio di carta per leggere ancora una volta quello che c’era scritto ma che forse non aveva capito. Ma il risultato era sempre lo stesso.

Dall’altra parte della vetrata intanto, tutti erano in attesa della reazione che sicuramente sarebbe arrivata molto presto. Mentre il Pernice pensava con chi se la doveva prendere, arrivò al Circolo il presidente dell’Assemblea: “Ciao Totò come stai?” disse. “Ora te lo dico io come sto” rispose zio Totò. Afferrò il presidente per la giacca e strattonandolo gli disse: “Il primo a morire sei tu”.

Vincenzo e altre persone, visto che la cosa stava per diventare seria uscirono fuori e glielo tolsero dalle mani. Ci fu una grande confusione. Zio Totò era fuori di sè. “Ora c rugn iu l’arretrat, u tjmpi ch va pigghj a p’stola r intra”.

            Tre persone lo tenevano per non farlo andare a casa. Vincenzo: “Ma s po sapìr ch success?” –  “Te legg sta littra!” – “Nan c’è biswgn ca ljgg, vist ca scr’vii iu.” – “Pezz r merda, m stàvat mannan n galera, ora mazz a tia”.

            Vincenzo se la diede a gambe perché ebbe veramente paura. Allora il Pernice si rivolse all’usciere che gli aveva consegnato la lettera: “A tia cu ta ret a littra?” – “Il signor Giambra.” – “Tu sii chiù merda r idd e lèvat r ca prima ch m n vai n galera. E tutt chidd ch taliàt m’at rumput i cu…….” e rivolto all’innocente presidente: “Cu sta littra t c stui u cu….”- “Ma iu ch c’intr? – “Sta minchia” concluse zio Totò.

 

Nino Santamaria