VIA SANT’ELENA

Non sempre la via Sant’Elena ha avuto, per Valguarnera, l’importanza sociale che riveste tutt’ora. Un tempo, quando la calura estiva invogliava ad uscire per prendere una boccata d’aria, la meta privilegiata era la Val di Noce.

Percorrendo una breve strada in salita, ci si inoltrava verso una via che conduceva alle campagne, dove il profumo del gelsomino e delle varie essenze selvatiche regalava all’animo e al corpo una sensazione di benessere e serenità. La strada era fiancheggiata da robinie e querce che provvedevano egregiamente all’ombra e alla frescura di cui si aveva bisogno.

Giunti al muretto che delimitava uno dei ponticelli che scavalcavano uno dei tanti punti di deflusso delle acque piovane, mia nonna scartava i panini, o meglio, il “pan cunzàt”, che serviva da egregia merenda contro l’inappetenza dovuta al gran caldo. Più tardi, quest’incombenza fu assunta dal sig. Barone che, con le sue deliziose arancine, costituiva la meta ultima delle nostre passeggiate, che finivano con una buona sorsata d’acqua fresca nella vicina fontanella.

Ma ben presto iniziarono i primi segnali di “modernità”: la vecchia discarica urbana venne ricoperta e trasformata in una deliziosa zona verde, attrezzata con aiuole e panchine, decisamente più comode degli azzardati “ muretti”; e così la via Sant’Elena, da strada che conduceva alle campagne, si trasformò in zona di passeggio, prendendo pian pianino il posto della romantica Val di Noce, che nel frattempo venne parzialmente urbanizzata, perdendo così il fascino che aveva avuto in passato.

Al centro della “villa”, campeggiava il monumento ai caduti e non erano pochi quelli che si soffermavano a leggere i nomi dei concittadini defunti durante la prima guerra mondiale, facendo riaffiorare alla mente il loro ricordo. Ma la mia mente di adolescente era attirata soprattutto dai fiori, dalle palme, dalle fontanelle dalle quali sgorgava continuamente acqua fresca da bere. Soprattutto la “villa” era la meta delle nostre passeggiate fra ragazze che, fra un gelato al Bar dello Stadio e un giro fra i vialetti del giardino pubblico, percorrevamo avanti e indietro, per tante volte, quella strada, discorrendo del più e del meno e sbirciando di sottecchi i gruppi di giovanotti che a loro volta vi si davano appuntamento per discorrere di politica (sì, allora si discuteva di politica), di progetti per il futuro (sì, allora si facevano progetti per il futuro), di pallone e di donne.

Ma guai se una ragazza si avventurava da sola per quella strada: veniva subito tacciata di essere “poco seria”. Infatti la “villa” era costituita da due terrazzamenti a quote diverse, collegati da viali inclinati, lungo i quali, sulle panchine mimetizzate tra la vegetazione, trovavano rifugio le “coppiette” che, lontano da sguardi indiscreti, si scambiavano le loro parole d’amore e qualche furtiva effusione.

La via Sant’Elena si animava inverosimilmente durante il periodo estivo, in particolare nel mese di agosto, periodo molto atteso da tutti noi ragazzi che aspettavamo con ansia l’ invasione dei numerosi “turisti” che, dall’estero o dal nord Italia, venivano a trovare i parenti che ancora li accoglievano. Essi portavano una ventata di aria nuova, coi loro abbigliamenti alla moda, le loro parlate settentrionali o simpaticamente mescolate di francese e tedesco con un pizzico di carrapipano, il loro fare disinvolto, la loro aria di vacanza e di gente un po’ “arrivata”. Si faceva a gara per avere la loro amicizia, si passeggiava insieme, si scoprivano modi di vivere un po’ diversi e più “evoluti”, anche se non si sa fino a che punto i loro atteggiamenti fossero autentici.

Quando ci lasciavano, si portavano nel cuore la nostra via Sant’Elena perché, dicevano, in nessun posto del mondo poteva esistere una strada, un luogo d’incontro e di passeggio come il nostro: da loro la gente correva e si pensava solo a lavorare.

Oggi la via Sant’Elena conserva sempre la sua peculiarità di luogo d’incontro per eccellenza, quando, d’estate, i numerosi bar espongono, sugli ampi marciapiedi, i loro tavoli e sedie multicolori dove uomini e donne di ogni età si riuniscono a conversare sorseggiando un aperitivo, una bibita o addirittura gustando una pizza. Al centro c’è chi passeggia, ed è come se sfilasse in mezzo ad una platea di spettatori che li osserva distrattamente.

Paola Di Vita